Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è un quadro clinico fortemente invalidante che colpisce dal 2 al 3 % delle persone nell’arco di una vita. E’ caratterizzato dalla presenza di pensieri intrusivi e ripetitivi (ossessioni) associati ad alti livelli d’ansia e spesso accompagnati da prolungati comportamenti volti a neutralizzare il pensiero ossessivo e l’ansia (compulsioni). Almeno l’80% dei pazienti ha ossessioni e compulsioni, meno del 20% ha solo ossessioni o solo compulsioni. Le manifestazioni sintomatiche si associano ad un elevato grado di disagio e di limitazione nel funzionamento sociale, lavorativo e affettivo. La persona che soffre del Disturbo Ossessivo Compulsivo riconosce la natura patologica del proprio disagio e che le proprie ossessioni e compulsioni sono eccessive e irragionevoli.
Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini, intrusivi, ricorrenti e persistenti, accompagnati da ansia e disagio marcati che s’inseriscono nel flusso dei pensieri in modo involontario. La persona non riesce ad allontanarli dalla mente. Il contenuto dei pensieri ossessivi viene vissuto come contrario alla personalità e al modo d’essere del paziente, che lo giudica estraneo e insensato, tentando di resistervi o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni, cioè le compulsioni. Le ossessioni del Disturbo Ossessivo Compulsivo attivano emozioni sgradevoli e molto intense. Le emozioni provate sono paura, disgusto, colpa. Queste emozioni attivano il conseguente bisogno di fare il possibile per rassicurarsi e gestire il proprio disagio.
Si tratta di comportamenti ripetitivi, finalizzati e intenzionali, eseguiti al fine di prevenire un qualche evento temuto o di ridurre lo stato di disagio generato dall’ossessione. Possono essere anche dei veri e propri rituali o cerimoniali che devono essere eseguiti secondo regole rigide e sempre con la stessa sequenza. Le compulsioni non sono necessariamente osservabili (overt) come il lavarsi le mani, il riordinare, il controllare, ma possono anche essere azioni eseguite a livello esclusivamente mentale (covert), come il pregare, il contare o il ripetere parole mentalmente. La persona si sente, in ogni caso, obbligata a metterle in atto in risposta a un’ossessione.
I temi più frequenti delle ossessioni riguardano lo sporco, i germi e/o le sostanze disgustose; le persone con il Disturbo Ossessivo Compulsivo possono temere di procurare inavvertitamente danni a sé o ad altri, di poter perdere il controllo, di diventare impulsivi, aggressivi, perversi ecc.. Possono avere dubbi persistenti rispetto al proprio orientamento sessuale, rispetto alle decisioni da prendere, ecc. Inoltre altri temi frequenti delle ossessioni sono l’ordine e la simmetria, la religione e possono assumere anche una “veste” magico-scaramantica.
Le compulsioni riguardano principalmente: controllo, lavaggio e pulizia, iterazione di parole o frasi, iterazione di movimenti specifici, ordine e simmetria.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo si manifesta più frequentemente con compulsioni di lavaggio, di pulizia o di controllo. Tuttavia nel complesso si distinguono 4 sottotipi di Disturbo Ossessivo Compulsivo:
L’esordio del Disturbo Ossessivo Compulsivo solitamente è graduale nel 70% dei casi prima dei 30 anni. Il decorso è cronico, con peggioramento della sintomatologia in seguito a eventi stressanti e il tasso di remissione spontanea è minimo. Circa il 15% dei casi presenta un progressivo deterioramento socio-lavorativo, il 5% ha un decorso episodico e circa il 60-80% migliora in seguito a un trattamento efficace. Il tipo di comportamenti compulsivi può cambiare col tempo.
Secondo la teoria biochimica la sintomatologia del Disturbo Ossessivo Compulsivo è correlata con una disregolazione di alcuni sistemi di neurotrasmettitori, in particolare del sistema serotoninergico (e in parte anche del sistema dopaminergico), che causerebbe una diminuzione della serotonina in specifiche aree cerebrali. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che i sintomi ossessivo compulsivi migliorano con la somministrazione di farmaci SSRI (Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina). In generale, le persone che hanno parenti con Disturbo Ossessivo Compulsivo sono soggette ad un rischio maggiore di sviluppare la malattia, anche se la maggior parte delle persone con la malattia non hanno una storia familiare simile. Il clima familiare è di solito caratterizzato da un blocco delle espressioni emotive e da distacco; in queste famiglie si predilige il piano logico, formale e verbale. Inoltre di solito è presente un’attenzione focalizzata alle regole formali, un’accentuazione del senso di responsabilità, un incoraggiamento allo sforzo, all’impegno e alla pulizia. In queste famiglie generalmente le relazioni sociali sono scarse e quelle esistenti sono vissute in modo molto formale.
La psicopatologia nucleare del Disturbo Ossessivo Compulsivo è costituita da alcune credenze specifiche che sottendono la sintomatologia ossessivo compulsiva giustificando l’attuazione dei rituali, la loro necessità e la loro utilità. Le principali fra tali credenze sono le seguenti:
Credenze sul bisogno di controllo del pensiero.
I pazienti ossessivi hanno la credenza di dover avere un controllo assoluto sui propri pensieri, in quanto la perdita di quest’ultimo potrebbe essere alquanto pericolosa: “Potrei diventare pazzo”, “Potrei fare cose folli”.
Credenze relative alla sopravvalutazione della minaccia.
Il modello di Lorenzini e Sassaroli (2000) rende comprensibile le credenze sul rischio catastrofico temuto dal paziente qualora avvenisse un determinate evento poiché, la posta in palio non è tanto il verificarsi in sé di quell’evento, ma l’averne la responsabilità e la colpa, che comporteranno una condizione d’indegnità assoluta. Intolleranza dell’ambiguità e dell’incertezza. Poiché il paziente ossessivo compulsivo vuole avere l’assoluta certezza di non essere colpevole, ovvero responsabile, cerca d’individuare tutte le fonti di pericolo e di controllarle. Purtroppo, però, questo bisogno di certezza ha come conseguenza quella di aumentare l’insicurezza del paziente, in quanto la rassicurazione perfetta, esaustiva e certa non è possibile. I dati a disposizione del paziente saranno sempre insufficienti, non gli sarà mai possibile escludere completamente l’evento temuto.
Perfezionismo.
Per l’ossessivo tutto viene valutato in termini di giusto e sbagliato. In queste persone è presente la convinzione che chi sbaglia non sia degno di valore e si è degni soltanto se si è perfetti, moralmente irreprensibili. Il perfezionismo dell’ossessivo è finalizzato alla ricerca della certezza assoluta, nell’impossibilità di tollerare un proprio errore o responsabilità. Il perfezionismo degli ossessivi è incentrato sull’intolleranza dell’errore, sul dubbio e l’intolleranza dell’ambiguità e dell’incertezza. Questo aspetto rende problematico il funzionamento degli ossessivi anche in un’area come quella del prendere decisioni e del fare delle scelte. Da quelle quotidiane a quelle fondamentali per la vita: avere o non avere un figlio, sposarsi o no, separarsi o meno, cambiare lavoro, scegliere il corso di studi ecc. Un ossessivo non considera l’elemento emozionale nelle scelte, non usa il proprio desiderio come criterio di valutazione, anzi le emozioni le vede come un ostacolo, una cortina fumogena che rende opaca la vista e intralcia il ragionamento logico. Basandosi esclusivamente sul criterio di giusto/sbagliato, egli non sa più capire cosa desidera o preferisce. Ogni decisione implica responsabilità enormi per lui, per cui spesso la paura di sbagliare lo porta all’evitamento delle scelte.
Credenze sulla responsabilità.
Salkovskis (1985) sottolinea l’importanza del tema della responsabilità personale per il paziente ossessivo compulsivo, quale elemento fondamentale nell’attivazione del processo ossessivo: il dubbio ossessivo non si attiva se per il soggetto non vi è un nesso causale tra ciò che egli ha fatto, o non ha fatto, e l’evento che teme. Solo se il paziente pone in relazione l’evento dannoso con una propria responsabilità, questo diventa critico per l’innesco del dubbio ossessivo. L’ossessivo ha un senso ipertrofico di responsabilità, legato sia alle azioni che alle omissioni (“Non sforzarsi al massimo di prevenire un evento equivale a causarlo”), sentendosi completamente responsabile anche di eventi su cui potrebbe avere avuto appena una remotissima influenza.
© 2020. Alessia Perez - Psicologa Psicoterapeuta